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Economia

Uscire dall’Euro per abbassare il debito pubblico?

Tra i sostenitori dell’uscita dall’Euro molti sostengono che lo Stato italiano potrà rimborsare i creditori pagandoli con la nuova valuta svalutata, quindi “I proprietari stranieri dei titoli di Stato italiani dovrebbero accettare una perdita”. Invece gli italiani invece verrebbero rimborsati in Euro? No, vero? No, anche gli italiani avrebbero una perdita, dato che la nuova valuta avrebbe un valore inferiore all’Euro. Non nascondiamocelo: tutti gli asset italiani sarebbero di colpo svalutati e si salverebbero solo i capitali portati all’estero in anticipo.

Il valore reale del debito pubblico in questo scenario scenderebbe subito di una percentuale pari alla svalutazione delle nuova moneta, ma anche trascurando la (sicura) eventualità di enormi cause legali da parte dei creditori (esteri e domestici) che, avendo prestato moneta buona, si vedono rimborsare moneta cattiva, proviamo ad immaginare cosa succederà quando lo stato avrà di nuovo bisogno di risorse per finanziare la spesa. Avendo una moneta sovrana ora le alternative sono due: accanto alla solita possibilità di chiedere denaro in prestito emettendo titoli di debito c’è la nuova possibilità di stampare la moneta che serve.
La libertà di stampare moneta è una libertà molto simile a quella di emettere assegni senza limiti: è estremamente facile abusarne. E di fatto tutte le volte che l’emissione di moneta è stata fatta per alimentare la spesa pubblica è rapidamente sfuggita di mano provocando iperinflazione, cioè quella situazione in cui i prezzi delle merci aumentano di giorno in giorno e la valuta, per la quantità con cui viene stampata, finisce per non valere più nulla. Qualche caso storico? http://it.wikipedia.org/wiki/Iperinflazione#Esempi_storici
Imaginate una partita a Monopoly in cui i giocatori possono stamparsi le banconote a piacere: che succederebbe ai prezzi dei terreni? In termini nominali salirebbero alle stelle, anche se Parco della Vittoria continuerebbe ad avere lo stesso valore reale.
Uno stato che chiede denaro in prestito promettendo di restituirlo deve essere credibile: più il creditore si fida e più si accontenterà di interessi bassi. Se invece gli investitori ed i risparmiatori pensano che un debitore possa fregarli e non rimborsare tutto il prestito, o rimborsarlo con valuta svalutata, chiederanno un tasso di interesse elevato per prestare il loro denaro. E se il debitore ha dimostrato in passato di essere inaffidabile può anche non trovare nessuno disposto a prestargli alcunché.
Un creditore che abbia l’abitudine di stampare moneta a piacere troverà quindi dei risparmiatori disposti a prestargli denaro solo ad un tasso superiore a quello dell’inflazione attesa. Cioè, se mi aspetto che lo stato stampi moneta tanto da svalutarla del 10% in un anno, io chiederò un tasso di interesse del 10%+il tasso reale che voglio ottenere.
Dalla svalutazione non c’è quindi alcun risparmio a lungo termine sul debito pubblico.
E che succederebbe ai redditi dei lavoratori? Ecco qui le risposte
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Bufale Economia

Uscire dall’Euro per aumentare i redditi?

Quale impatto avrebbe sui redditi uscire dall’Euro e sostituirlo con una nuova valuta svalutata? Ci potremmo permettere un tenore di vita migliore?

Per i lavoratori dipendenti ed i pensionati la risposta è semplice: No. Avrebbero un reddito reale ed un potere d’acquisto inferiori.Intendiamoci, se misuriamo il potere d’acquisto dello stipendio con la capacità di acquistare servizi labor intensive, come taglio di capelli, ripetizione, riparazioni, ecc, allora il potere d’acquisto resterebbe più o meno uguale, dato che il costo di questi servizi si svaluterebbe svalutandosi lo stipendio reale dei lavoratori che li erogano, ma se misuriamo il potere d’acquisto con la capacità di acquistare ad esempio benzina (importata), banane (importate), merci estere in generale, vediamo che lo stipendio espresso nelle nuova valuta svalutata non permette di mantenere i consumi precedenti.
E non è un problema limitato alle merci importate. Infatti si estende anche a tutte le merci prodotte in Italia e facilmente esportabili. Ad esempio un mobiliere che produce un tavolo in noce prodotto con legno italiano che costi 50€ di materiali e 100€ di manodopera italiana oggi lo vende a 200€ sia in Italia che all’estero. Dopo la svalutazione della moneta, il costo della manodopera è sceso, ad esempio da 100 a 60€ in caso di una svalutazione del 40%, ed è aumentato il margine di profitto: all’estero i clienti continuano a comprarlo a 200€, quindi venderlo in Italia a meno di 200€ significherebbe rinunciare a una parte degli utili. Il tavolo quindi costerà 200€ anche in Italia. Il che significa che ora per l’operaio italiano il tavolo costa 33 ore di lavoro mentre prima gliene costava 20.

La stessa cosa capiterà anche per tutte le altre merci esportabili: se all’estero qualcuno è disposto a pagare di più, il prezzo non potrà scendere neanche in Italia.
Detto in altri termini, se qualcuno non può più permettersi i consumi precedenti significa il suo reddito reale è sceso. Imprenditori e lavoratori autonomi potrebbero cercare di far fronte alla svalutazione della moneta alzando le proprie tariffe, ma per i lavoratori dipendenti sarebbe una dura lotta e per i pensionati probabilmente non ci sarebbero speranze di recuperare il potere d’acquisto.
I pensionati potrebbero consolarsi con i loro risparmi? Beh, se sono investiti in titoli di stato, no: sono stati svalutati. E se sono in immobili o in attività economiche? Il valore di un immobile è legato alla richiesta, cioè a quanto qualcuno è disposto a pagare per affittarli (o acquistarli, ma il prezzo di compravendita dipende sempre dall’alternativa dell’affitto e dai tassi d’interesse), quindi se scendono i  redditi reali scende anche la quota che può esser destinata a pagare un affitto e i prezzi degli immobili scendono. Analogamente anche il valore di una attività economica dipende dal reddito che può generare, quindi tutte le attività che non esportano e che vedono scendere i propri incassi in termini reali (anche se in termini nominali resta costante), il suo valore scende.
Quindi svalutare la moneta porta ad un effetto persino peggiore rispetto all’ipotesi di riguadagnare competitività tramite la riduzione degli stipendi, dato che nel primo caso oltre ad uno stipendio con potere d’acquisto inferiore, ci si trova ad avere anche i capitali svalutati.

Uscendo dall’Euro poi esporteremo di più

Dato che in termini reali il costo della manodopera sarebbe inferiore dopo la svalutazione, è chiaro che le merci prodotte in Italia costerebbero un po’ meno, quindi esportarle sarebbe più redditizio e ciò potrebbe spingere ad impiantare nuove aziende in Italia e ad aumentare l’occupazione.
E’ vero, questo effetto è analogo a quello che avremmo se dalla sera alla mattina abbassassimo gli stipendi di tutti i lavoratori: il reddito reale dei lavoratori scende in entrambi i casi ed in entrambi i casi ci impoveriamo. Ma dire ai lavoratori che il loro stipendio cala porterebbe a rivolte e disordini, mentre chi dice “usciamo dall’Euro” riceve pure gli applausi.

Ma se aumenta l’occupazione e le aziende lavorano di più, magari poi si rialzano gli stipendi…

No. Se gli stipendi reali tornassero al valore pre-svalutazione verrebbero a mancare i vantaggi per gli esportatori e torneremmo alla condizione di partenza. La competitività che l’Italia guadagnerebbe con la svalutazione dipende dal calo dei redditi reali dei lavoratori italiani. E l’abbiamo visto succedere svariate volte prima dell’arrivo dell’Euro: l’Italia ha svalutato più volte la Lira, dando ogni volta uno stimolo alle esportazioni e un colpo ai redditi ed ai risparmi degli italiani.
Abbiamo in quel modo risolto il problema del debito pubblico? No: sia gli stranieri che gli italiani pretendevano tassi di interesse altissimi, dato che tenevano in conto la forte inflazione ed il debito pubblico è sempre cresciuto.
Abbiamo creato una industria competitiva? No: le aziende che si sono ritrovate avvantaggiate dal cambio non hanno investito in efficienza ed in ricerca accontentandosi di competere sui prezzi. Proseguire su questa strada ci porterebbe a competere con Romania, Turchia, Cina, India. Se quello che desideriamo è una “decrescita felice” che ci porti ai redditi dei lavoratori cinesi, allora la strada della svalutazione competitiva è quella giusta.
Volete sentire cos’è stato il 1992 per chi allora si occupava di esportazioni?
“La lira, la svalutazione come strumento che facilita l’esportazione….ma chi dice queste sciocchezze ha mai venduto almeno un pacchetto di caramelle  all’estero?Io i ricordi ce li ho ancora molto limpidi e dico grazie Euro, a maggior ragione oggi che abbiamo il processo di globalizzazione in stato ben più avanzato del 1992 avremmo la decuplicazione di quelle problematiche che già allora furono  un disastro per un’Italia che muoveva i primi passi nell’esportazione,  oggi diventata l’unico strumento che tiene in piedi la nostra economia.”
link alla fonte:  http://diariohispanico.com/quella-svalutazione-del-1992/ 

Se pensate che lo Stato dovrebbe intervenire per indurre i consumatori ad acquistare di più i prodotti italiani, applicando un po’ di protezionismo, vi suggerisco questo bell’articolo: http://www.immoderati.it/2016/01/09/no-global-ovvero-partito-della-gleba/
E riguardo al debito pubblico? Ecco le risposte
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Bufale Economia Energia Scienze

free energy

Un conoscente, entusiasta per aver scoperto la “free energy”, gira alla mailing list il link ad un video:

Facendo una ricerca su energie alternative, sono incappato in questo video. Vi prego tutti quanti, prendetevi 10 minuti e guardatelo NE VALE LA PENA http://youtu.be/BGPwgXG58rE
Io in giornata contatto già un mio amico voglio sviluppare qualcosa, costi quel che costi!

Ed io, che ritengo un dovere morale difendere la verità, intervengo così:
Credo sia mio dovere cercare di evitare che preziosi entusiasmi vengano frustrati e sudate risorse economiche finiscano nelle tasche di chi non le merita. Spero di non ferire la sensibilità di nessuno, ma di carattere preferisco evitare i giri di parole, perciò parlerò chiaramente come sono abituato.
Beh, cominciare con “censurato” squalifica già il resto del video, che in effetti per la sua inconsistenza non ha possibilità di ricevere apprezzamenti al di fuori di ambienti “complottisti”.
Gli impianti militari top secret sono talmente noti che sono visitabili. E le “teorie di Tesla” sono notissime e ampiamente utilizzate persino in ciascuno dei nostri cellulari, ma non contengono le formule per ricavare energia gratuita dal nulla. L’energia viene _sempre_ da qualche parte. E, come è prevedibile, tutti gli apparati mostrati come “generatori” basati sui magneti hanno bisogno di una fonte di energia. Mettono in movimento qualcosa e poi riconvertono l’energia cinetica in energia elettrica, che, misurata “allegramente” o con premeditata malizia, si può far sembrare maggiore di quella inserita. Ma la fisica non si inganna e la batteria si esaurisce comunque, anche se le si dice “sei carica!” “vai alla grande!”. E esaurita questa il “generatore” si ferma. Naturalmente i filmati su youtube questo non lo mostrano. Ironicamente sono proprio i video che dicono di contenere verità censurate a censurare e mistificare una parte della realtà.
Di personaggi che hanno “inventato l’auto ad acqua” ce ne sono stati tanti, ma nessuno riesce a farla funzionare. Perché? Perché l’acqua è come la cenere ed il fumo: il risultato di una combustione: la combustione dell’idrogeno. Per trarne energia bisogna separare prima idrogeno ed ossigeno. Il problema è che per separarli serve più energia di quella che si ricava. Vedi Idrolisi.
E’ come dire che rotolare un masso in cima al Summano costa più energia di quella che si può ricavare facendolo rotolare giù, che pompare l’acqua dal fondovalle ad un serbatoio in alto ci costa 100 di energia per poi produrre al massimo 85, se siamo particolarmente bravi. Probabilmente meno.
Non è diverso dal mito del moto perpetuo: là si pretendeva di mostrare qualcosa che continuasse a muoversi senza richiedere energia, qui si pretende di estrarre energia da qualcosa a cui non se ne fornisce.
Una “auto che va ad acqua” è un’assurdità termodinamica tanto quanto una stufa che funzioni trasformando la cenere (e il fumo) in legna per poi bruciarla. Un’auto (così come un generico motore) può benissimo funzionare ad idrogeno. Ma l’idrogeno deve essere prima estratto (dall’acqua o da idrocarburi come il metano) e questo è un costo energetico elevato e non aggirabile.
Gli unici che riescono a trarre vantaggio da questi miti sono quelli che vendono i kit per i motori magnetici o che raccolgono soldi dagli investitori per sviluppare macchinari rivoluzionari che non funzioneranno mai, come ad esempio l’E-Cat di Rossi, o che pubblicano libri sulle free energy.
Nessuno di loro è riuscito nemmeno a rendersi autonomo dalla fornitura Enel di casa… non è una sufficiente dimostrazione che quel che propongono non funziona? Eppure è così semplice…
Un amico interviene così:
hai già detto perfettamente tu quello che avrei risposto io.. E che qui parliamo di energia, pensa quando tutti parleranno di  bilderberg, massoneria, rockfeller e rotschild che causando volutamente la crisi economica ci vogliono schiavizzare TUTTI.
Il petrolio è giá di per sé energia gratis. E abbiamo distrutto il pianeta.
Per fortuna quella poca energia che avremo nel prossimo futuro dovremo meditare bene come spenderla, e questo, spero, ci renderà più intelligenti.. ( ma non ne sono molto sicuro).
Comunque con i complottisti io non so più che fare…
Beh, di cospirazioni ne parlano già in tanti. E ultimamente hanno trovato anche un megafono che ripete dal palco le paranoie complottiste. Il lato peggiore è che tutti questi discorsi su “siamo controllati, non siamo liberi, c’è un complotto”… rafforzano nelle persone l’idea di non poter far nulla, di non avere libertà di scelta e di non essere in fin dei conti responsabili della situazione. Col risultato che si lamentano e non fanno nulla per cambiare, tranne magari votare per il nuovo pifferaio magico.
Lamentarsi della forza delle multinazionali quando ogni giorno siamo noi consumatori a mantenerle scegliendo liberamente di comprare i loro prodotti è un’ipocrisia evidente. Dare la colpa delle nostre scelte alla pressione della pubblicità è come riconoscere “non sono capace di pensare, ho bisogno che la tv mi dica cosa fare”. Che al posto della tv ora ci sia la cosiddetta “controinformazione” che gira su internet è un semplice aggiornamento dei canali.
Non è mai indolore riconoscere i propri errori, quindi quello di trovare un capro espiatorio è un meccanismo psicologico molto radicato, studiato anche dagli antropologi. Ad esempio per l’Italia in fondo sappiamo tutti che i problemi sono stati creati da milioni di evasori fiscali, milioni di pensionati troppo giovani, centinaia di migliaia di baby pensionati, forse altrettanti falsi invalidi con parecchie migliaia di medici compiacenti, tantissimi dipendenti pubblici assenteisti, funzionari corrotti e imprenditori che stavano al gioco o che il gioco lo alimentavano e dai politici eletti da tutti che promettevano a tutti, spendevano soldi pubblici e lasciavano il debito sulle spalle della generazione successiva. Sono talmente tanti quelli che hanno sottratto risorse alla collettività che tra questi abbiamo tutti un conoscente, un amico o un parente. E ci da un gran fastidio ammetterlo. Per questo i discorsi demagogici “tutta colpa dei politici” hanno tanto successo: individuare un nemico che non è tra i nostri amici ci fa sentire subito dalla parte della ragione, “perché in fondo io ho rubato poco”, oppure “la legge me lo permetteva” o ancora “ma io ho evaso per necessità, sennò non avrei potuto neanche fare le ferie a Sharm e avrei dovuto comprare vestiti non di marca”.
Prendersi le proprie responsabilità e decidere di far parte del cambiamento con una serie di piccole fatiche quotidiane è faticoso. Per questo in tanti preferiscono credere alla favola del pifferaio magico:
  • ci sono i cattivi
  • c’è una pozione magica (nel caso è la free energy, nascosta nel castello dei cattivi)
  • puoi diventare un eroe con una singola azione e poca fatica, per poi vivere di rendita
E’ una bella favola e a tutti piacciono le favole a lieto fine.

Il petrolio é giá di per sé energia gratis. E abbiamo distrutto il pianeta.
Per fortuna quella poca energia che avremo nel prossimo futuro dovremo meditare bene come spenderla, e questo, spero, ci renderà più intelligenti.. ( ma non ne sono molto sicuro).
Da quel che vedo credo che la necessità aguzzerà l’ingegno, ma credo che come umanità in generale la penuria ci renderà prima di tutto più cattivi ed egoisti e che la lotta per le risorse si inasprirà. Mi pare che siano tanti a preferire che il figlio del vicino parta per la guerra piuttosto di soffrire il caldo col condizionatore spento. O che i disoccupati vadano a rubare il pane nei supermercati piuttosto di dover pagare cento euro di imu sulla propria casa.
La solidarietà pare che funzioni solo in ambiti ristretti.
Prima di dire addio alle comodità credo che i popoli saranno disposti a chiudere un occhio o anche due sulle ricadute ambientali e a bruciare i combustibili più sporchi pur di tirare avanti.
Già ora in contrada vengono a rubarci gli ortaggi dall’orto, quindi in caso di rapido declino delle disponibilità energetiche (e quindi dell’economia e delle disponibilità alimentari) temo che l’ordine pubblico sarà un ricordo.

Comunque con i complottisti io non so più che fare…

Eh, certo! Se cerchi di farli ragionare fuori dalla favola e mostrargli il mondo reale ti dicono che anche tu fai parte del complotto… l’unico mezzo è la prevenzione: sviluppare lo spirito critico delle persone, così che di fronte ad affermazioni tra loro in contrasto ed in contrasto con la realtà siano in grado di rilevare l’assenza di coerenza interna ed esterna. Bisognerebbe partire dalle scuole medie o almeno dalle superiori.

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Economia Energia Scienze

Alberi di Natale ecologici: in plastica??

L’attenzione all’ecologia sta crescendo, e meno male, ma nonostante l’attenzione elevata resta spesso una certa superficialità nelle valutazioni che porta a definire “ecologico” ciò che difficilmente può esserlo.
Parliamo dell’abete natalizio, l’albero di Natale o albero dell’anno nuovo come viene chiamato nelle zone del mondo in cui il cristianesimo non ha preso il sopravvento. Oggi  l’espressione “albero di Natale ecologico” viene finalmente messa in discussione e direi che era ora!
Per capire quali impatti abbia sull’ambiente vediamo qual è il percorso di un albero “ecologico”: partiamo dai suoi componenti.

In gran parte (aghi e base) è composto da polimeri plastici derivati da petrolio, quindi la materia prima è estratta a migliaia di km di distanza, trasportata con petroliere ed oleodotti che hanno impatti notevoli sull’ambiente, lavorata in raffinerie che immettono nell’atmosfera ogni sorta di componenti volatili, trasformata in polimeri, poi colorata, stampata (base) oppure estrusa in pellicola (aghi), tagliata su misura ed applicata su uno scheletro metallico.
Ed il metallo da dove viene? Beh, dalla escavazione di una miniera che potrebbe essere anche a cielo aperto, dalla lavorazione del minerale, fusione e trafilatura: tutte operazioni estremamente energivore.
Ecologico, eh? Ma non è ancora finita: c’è pure il trasporto dalla fabbrica (tipicamente in Cina, Thailandia, Taiwan…) in camion fino al porto, poi in nave, quindi in camion fino al grossista italiano e poi sul furgone del negoziante…
Infine, in un momento più o meno vicino nel tempo, verrà bruciato in un inceneritore di rifiuti urbani producendo fumi e ceneri o verrà accumulato in una discarica. 

Come si possa definire ecologico è sempre stato un mistero per me.

Un abete vero invece, come tutti gli alberi, non ha bisogno di fabbriche, miniere e pozzi di petrolio. In comune con l’albero “ecologico” ha solo il percorso in furgone/camion dal grossista al negozio e forse neppure quello dato che molti dei vivai che vendono abeti li coltivano sul posto. Esiste anche una certificazione di origine che rassicura sulla sostenibilità dello sfruttamento forestale, ma come al solito ci sono molti produttori onesti anche non certificati.  Comunque l’abete è molto diffuso sui monti italiani e laddove viene piantato e coltivato per ottenerne legname da costruzione le piantagioni vengono regolarmente sfoltite per lasciar spazio alla crescita degli esemplari migliori, quindi le piante eliminate possono arrivare sul mercato come abeti natalizi con o senza radici.
Altri abeti senza radici derivano invece dal taglio degli alberi adulti: la punta o cimale non è interessante per l’industria del legno e gli aghi restano verdi abbastanza a lungo da servire egregiamente come albero di Natale.

Che farne poi?

Beh, se l’albero di plastica si mette da parte per l’anno successivo si può fare lo stesso anche per l’albero vero, purché abbia le radici ed abbiate un metro quadro di giardino o di terrazzo. Altrimenti potete eliminarlo scegliendo diverse strade: 
tagliare i rami e consegnarlo all’ecocentro dove verrà avviato a produrre compost insieme a sfalci, ramaglie e umido oppure lasciarlo seccare e poi, a pezzi, bruciarlo nel caminetto: il suo legno resinoso non è il massimo per la canna fumaria se si usa continuamente, ma una volta secco è eccellente per accendere il fuoco!
Una cosa da non fare, ma che potrebbe essere vista come “ecologica” è ripiantare l’albero nel bosco. Come spiega Brunori del Pefc Italia “Piantarli in boschi dove già è presente l’abete significa creare problemi di inquinamento genetico a prescindere, soprattutto se non conosciamo l’origine delle piante. Inserire l’abete in ambienti naturali dove invece non cresce spontaneamente crea una intrusione botanica che è negativa, per il paesaggio e l’ecosistema.”

Volete un’alternativa meno ingombrante? L’albero è un simbolo, quindi perché non crearlo con materiali riciclati come il cartone? http://thecardboardtree.com/ (non sto suggerendo di comprarlo: chi non ha qualche pezzo di cartone a portata di mano?)

 Decorarlo sarà un gioco!
Vuoi qualche suggerimento su come realizzare in casa dei decori? Ecco qua 

 Vuoi portarti a casa la punta di un pino tra quelli che taglierò quest’inverno? Scrivimi!

 

Aggiungo un’idea vista poco fa e molto economica (se non si devono comprare apposta i libri! 🙂 )

Albero di Natale realizzato con i libri
Una alternativa culturale

 

 

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E buon Natale! 

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Moran Cerf, l’informatico pagato per rapinare le banche

MORAN CERF, L’INFORMATICO PAGATO PER RAPINARE LE BANCHE

Un penetration tester, nonostante il nome allusivo, è in realtà un informatico pagato da un ente o da un’azienda per mettere alla prova i suoi sistemi di sicurezza tentando di superarli come farebbe un criminale. Moran Cerf è stato per alcuni anni uno di questi penetration tester e ne ha combinate di cotte e di crude. Una delle sue avventure, in particolare, è diventata famosa in Rete grazie a un video nel quale racconta freneticamente la volta che rapinò una banca con il consenso della banca stessa. Ma non via Internet: andando in banca al grido di “Questa è una rapina!”.

Una decina d’anni fa Cerf si guadagnava da vivere, insieme a due assistenti, rubando dalle banche israeliane via Internet da mille a diecimila dollari ogni settimana. Quando glielo chiedevano, violava i loro sistemi e poi restituiva il maltolto e spiegava all’istituto committente come aveva fatto e come si poteva evitare che i ladri veri facessero altrettanto. Ma in un caso le cose andarono un po’ diversamente.

Andiamo indietro nel tempo, fino a settembre del 2000. In quel periodo, Cerf e colleghi riescono a violare informaticamente una piccola banca ben prima della scadenza dell’incarico. Avendo così un po’ di tempo libero, Tami, la sua collega, nota che il contratto include anche la possibilità di usare mezzi fisici, e così propone a Cerf di fare una vera rapina alla banca in questione.

Tami, racconta Cerf, ha appena lasciato il suo partner ed è un po’ instabile e non riesce a togliersi di testa l’idea. Non capita tutti i giorni di trovarsi nella posizione di poter rapinare una banca e di poter dire “tranquilli, me l’ha chiesto la banca” se le cose vanno storte. Lei lo prega e lo supplica, e alla fine Cerf acconsente.

Pianificano il colpo: la banca è piccola e c’è una sola cassiera. Basta andare quando non ci sono clienti e non ci saranno complicazioni. Prenderanno una cassetta di sicurezza specifica e più tardi la restituiranno. Ma la rapina non va come previsto.

Tami annuncia il classico “Questa è una rapina!”. Indietro non si torna. Uno deI “rapinatori” chiede alla giovanissima cassiera di portarlo a prendere la cassetta di sicurezza concordata, intanto che i colleghi scattano foto per documentare eventuali altre falle di sicurezza della banca, come per esempio Post-It con password bene in vista. La cassiera non si scompone e li asseconda.

Cerf, che fino a questo punto si è finto cliente, non ha nulla da fare, così aiuta il collega facendogli da scaletta per permettergli di scattare le foto. La cassiera torna con la cassetta ed è molto confusa quando vede un cliente (o quello che lei pensa sia un cliente) aiutare un rapinatore a fare foto. La cassetta di sicurezza viene aperta e nascono i problemi: contiene gioielli di altissimo valore, per cui non la possono portare via perché supera il limite concordato con la banca per il test di sicurezza.

I “rapinatori” cominciano a litigare sul da farsi e la cassiera comincia a ridere. Uno dei colleghi di Cerf, un diciassettenne, attacca bottone con la cassiera e comincia a darle il suo numero di telefono. Cerf gli fa notare che mettersi i passamontagna e poi dare alla cassiera il proprio numero di cellulare non è una gran furbata, ma ormai la “rapina” sta andando a rotoli. Poi entra in banca una signora con un bambino in braccio, e Tami, la “rapinatrice” collega di Cerf, la aiuta reggendole il pupo e cantando una ninnananna.

A quel punto Cerf si rende conto che il piano è un disastro e ordina alla cassiera di rimettere a posto la cassetta di sicurezza. La cassiera, con aplomb straordinario, risponde che se la possono mettere a posto da soli e tira loro le chiavi. Tami scoppia a piangere e gli improvvisatissimi rapinatori scappano dalla banca. L’unico che ride, nell’auto con la quale fuggono in preda all’imbarazzo, è il collega più giovane, che già pregusta l’appuntamento con la cassiera della banca che ha appena rapinato.

Ed è così che Moran Cerf ha potuto combinare la rapina più sgangherata della storia e farla franca. Poi dicono che l’informatica è noiosa.

Articolo di Paolo Attivissimo

da Rete Tre – Moran Cerf, l’informatico pagato per rapinare le banche.

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Far di conto… impossibile?

il 22 novembre Il Fatto Quotidiano pubblicava un articolo dal titolo “Strozzati anche i benzinai low cost: il diesel raggiunge il prezzo della verde” http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/22/strozzati-anche-benzinai-cost-diesel-raggiunge-prezzo-della-verde/172348/
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Nell’articolo venivano citati Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori che avrebbe detto che il costo ai consumatori è di 12 miliardi al mese in più per ogni centesimo di aumento…
12 miliardi di euro sono una cifra molto grossa, ma non ci facciamo spaventare dagli zeri e proviamo a fare un calcolo: 12 miliardi/ 1 centesimo al litro = 1’200 miliardi di litri!
Cos’è, consumiamo  1’200 miliardi di litri al mese? Farebbero 14’400 miliardi di litri l’anno oppure 40 miliardi di litri al giorno,,, ci vorrebbero 200 superpetroliere da 200’000 tonnellate che ogni giorno entrino nei nostri porti… e 2 milioni di camion cisterna che tutti i giorni facciano la spola per i distributori, domeniche comprese… chiunque con un breve calcolo si rende conto dell’incongruenza, ma non il giornalista. E nemmeno le decine di blogger che hanno ripreso e ripubblicato l’articolo lo segnalano, nonostante poche righe sotto sia riportato un dato di 45 miliardi… Un po’ di coerenza sarebbe chiedere troppo?

Luca Panzavolta, amministratore delegato Conad avrebbe dichiarato che “le accise hanno pesato per un valore di 3160 miliardi di euro l’anno”… cioè più di tutto il prodotto interno lordo italiano?? 😀
Se lo Stato avesse a disposizione un tale introito il debito pubblico sarebbe azzerato in un lampo!
l’amministratore prosegue indicando “che ogni anno vengono erogati 45 miliardi di litri di carburante”… beh, questo significa che le accise sono 3160/45= 70 euro al litro!! Complimenti, sono riusciti a fare un’altra figura barbina!
Spero che si sia solo persa una virgola e che il valore delle accise a cui si riferiva Panzavolta fosse di 31,6 miliardi, che sarebbe compatibile con un peso di 70 centesimo al litro.
Il problema è che dei tanti lettori del Fatto e degli altri blog pochissimi hanno segnalato l’incongruenza delle cifre che è duplice: sono sia incongruenti tra di loro all’interno dell’articolo sia incongruenti con la realtà esterna.

Il problema è che internet è piena di blogger che copiano ed incollano gli articoli sui loro siti o su Facebook senza neanche accorgersi di cantonate così enormi!
Una parte della colpa la potremo anche dare allo scarso peso che hanno le materie scientifiche e la matematica all’interno dei programmi scolastici, ma  il resto è certamente ascrivibile alla leggerezza con cui si inoltrano le catene di S. Antonio e si condividono notizie non verificate. Manca un filtro, una valutazione di verosimiglianza, di coerenza di ciò che si legge prima di ripeterlo. Colpa della religione che ci ha insegnato a non mettere in dubbio neanche le affermazioni più incredibili?
Mi ricorda il mio amico convinto che “al mondo ci sono sette donne per ogni uomo”  🙁


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Buonumore Economia

Se hai due mucche…

FEUDALESIMO: Hai 2 mucche. Il tuo signore si prende parte del latte.

SOCIALISMO PURO: Hai 2 mucche. Il governo le prende e le mette in una stalla insieme alle mucche di tutti gli altri. Tu devi prenderti cura di tutte le mucche. Il governo ti da’ esattamente il latte di cui hai bisogno.

SOCIALISMO BUROCRATICO: Hai 2 mucche. Il governo le prende e le mette in una stalla insieme alle mucche di tutti gli altri. A prendersi cura di loro e’ un gruppo di ex allevatori di polli. Tu devi prenderti cura delle galline prese agli ex allevatori di polli. Il governo ti da’ esattamente il latte e le uova di cui i regolamenti stabiliscono che hai bisogno.

FASCISMO: Hai 2 mucche. Il governo le prende entrambe, ti assume perche’ te ne prenda cura e ti vende il latte.

COMUNISMO PURO: Hai 2 mucche. I tuoi vicini ti aiutano a prendertene cura e tutti insieme vi dividete il latte.

COMUNISMO RUSSO: Hai 2 mucche. Tu devi prendertene cura, ma il governo si prende tutto il latte.

DITTATURA: Hai 2 mucche. Il governo le prende entrambe e ti spara.

DEMOCRAZIA DI SINGAPORE: Hai 2 mucche. Il governo ti multa per il possesso non autorizzato di due animali da stalla in un appartamento.

REGIME MILITARE: Hai 2 mucche. Il governo le prende entrambe e ti arruola
nell’esercito.

DEMOCRAZIA PURA: Hai 2 mucche. I tuoi vicini decidono chi si prende il latte.

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA: Hai 2 mucche. I tuoi vicini nominano qualcuno perche’ decida chi si prende il latte.

DEMOCRAZIA AMERICANA: Il governo promette di darti 2 mucche se lo voti. Dopo le elezioni, il presidente e’ messo sotto impeachment per aver speculato sui “futures” bovini. La stampa ribattezza lo scandalo “Cowgate”.

DEMOCRAZIA INGLESE: Hai 2 mucche. Le nutri con cervello di pecora e loro impazziscono. Il governo non fa nulla.

BUROCRAZIA: Hai 2 mucche. All’inizio il governo stabilisce come le devi nutrire e quando le puoi mungere. Poi ti paga per non mungerle. In seguito le prende entrambe, ne uccide una, munge l’altra e ne butta via il latte.  
Alla fine ti costringe a riempire alcuni moduli per denunciare le mucche mancanti.

ANARCHIA: Hai 2 mucche. O le vendi a un prezzo equo, oppure i tuoi vicini provano a ucciderti per prendersi le mucche.

CAPITALISMO: Hai 2 mucche. Ne vendi una e ti compri un toro.

CAPITALISMO DI HONG KONG: Hai 2 mucche. Ne vendi tre alla tua societa’ per azioni, usando le lettere di credito aperte da tuo cognato presso la banca. Poi avvii uno scambio debito azioni con un’offerta pubblica, e riesci a riprenderti tutte e quattro le mucche con uno sgravio fiscale per il mantenimento di cinque mucche. I diritti sul latte di sei mucche sono trasferiti tramite un intermediario panamense a una compagnia delle Isole Cayman di proprieta’ dell’azionista di maggioranza, che rivende alla tua Spa i diritti sul latte di tutte e sette le mucche. Il bilancio annuale afferma che la societa’ e’ proprietaria di otto mucche, con un’opzione sull’acquisto di un’altra. Nel frattempo tu uccidi le due mucche perche’ il latte e’ cattivo.

AMBIENTALISMO: Hai 2 mucche. Il governo ti vieta sia di mungerle che di ucciderle.

FEMMINISMO: Hai 2 mucche. Loro si sposano e adottano un vitellino.

TOTALITARISMO:
 Hai 2 mucche. Il governo le prende e nega che siano mai esistite. Il latte e’ messo fuori legge.

POLITICAL CORRECTNESS: Sei in rapporto (il concetto di “proprieta’” e’ simbolo di un passato fallocentrico, guerrafondaio e intollerante) con due bovini di diversa eta’(ma altrettanto preziosi per la societa’) e di genere non specificato.

CONTROCULTURA: Ehi, capo… tipo che ci stanno due mucche. Oh! Devi proprio farti un tiro di ‘sto latte.

SURREALISMO: Hai due giraffe. Il governo ti costringe a prendere lezioni di fisarmonica

SOTTO WINDOWS 95/98: Hai bisogno di un po’ di latte: provi a mungere una vacca, ottieni il messaggio “Errore generale di protezione al corno FFFFF, se il problema persiste contattare il fornitore del bovino”, e ti si impiantano tutte e due le vacche. Su Internet trovi che è possibile aggiornare i drivers, scaricando il file “Cow_OK.dll”, di 18 mega. Dopo un paio d’ore di modem, lo inSTALLI, fai ripartire le vacch… pardon, il sistema, il quale non riconosce più le mammelle. Allora devi reinSTALLARE tutto daccapo: formatti (a bastonate) le vacche, installi WIN95, a quel punto provi a mungere, e ottieni latte rancido. Abbatti le due vacche e vai in vacanza all’Hotel Flamingo.

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Buonumore Economia

La vecchietta e la banca del Canada

Una piccola vecchia signora un giorno andò alla Banca del Canada portando con se’ una borsa piena di denaro. Insistette che doveva parlare con il presidente della banca per aprire un conto perché “E’ una sacco di denaro!”.

Dopo un po’ di ripensamenti, gli impiegati la portarono nell’ufficio del presidente (il cliente ha sempre ragione!).
Il presidente della banca le chiese quindi quanto voleva versare e lei disse “165.000 dollari” e buttò la borsa sulla sua scrivania.
Il presidente fu, chiaramente, curioso di sapere come aveva fatto ad ottenere tutto quel contante, così glielo chiese: “Signora, sono sorpreso di vedere che Lei si porta appresso tutto questo contante Come ha fatto ad ottenerlo?”.
La vecchia signora rispose: “Ho fatto delle scommesse”.
Il presidente le chiese ancora: “Scommesse? Che tipo di scommesse?
La vecchia signora rispose: “Per esempio, scommetto 25.000 dollari che le sue palle sono quadrate”
“Ha!” rise il presidente “E’ una scommessa stupida. Lei non potrà mai vincere una scommessa di questo genere!”
La vecchia signora lo sfidò: “Allora, accetta la mia scommessa?”
“Certo” disse il presidente “Scommetto 25.000 dollari che le mie palle non sono quadrate!”
Allora la vecchia signora disse: “Dato che si tratta di un mucchio di denaro, posso portare con me il mio avvocato domattina alle 10 come testimone?”
“Certo!” disse il fiducioso presidente.
Quella notte, il presidente era veramente nervoso a causa della scommessa e passò un sacco di tempo davanti allo specchio a controllare le sue palle, girandosi a destra e a sinistra continuamente.
Le controllò con attenzione finché non fu sicuro che non era assolutamente possibile che le sue palle fossero quadrate e che avrebbe vinto la scommessa.
Il mattino dopo alle 10 precise, la vecchia signora fece la sua comparsa con il suo avvocato nell’ufficio del presidente. Presentò l’avvocato al presidente e ripete’ la scommessa: “25.000 dollari che le palle del presidente sono quadrate!”
Il presidente accettò di nuovo la scommessa e la vecchia signora gli chiese di abbassare i pantaloni, così tutti avrebbero potuto vedere. Il presidente accettò.
La vecchia signora scrutò attentamente le palle e poi gli chiese se poteva toccarle.
“Va bene, in fondo 25.000 dollari sono un sacco di soldi, quindi credo che Lei debba essere assolutamente sicura.”
In quel momento, egli notò che l’avvocato stava silenziosamente sbattendo la testa contro il muro.
Il presidente chiese alla signora: “Che diavolo ha il suo avvocato?”
Ella disse: “Niente, a parte il fatto che ho scommesso con lui 100.000 dollari che alle 10 di stamattina avrei avuto nelle mie mani le palle del Presidente della Banca del Canada”.

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Economia

Quanto vale una obbligazione?

E se i tassi di mercato cambiano?

Qui trovate una mia applicazione java da utilizzare direttamente online:
www.reghellin.it/obbligazioni/duration4.php
Vi consente di calcolare il rendimento effettivo e la duration e di prevedere quale sarà il suo valore se cambiano i tassi di mercato.
Attendo i vostri commenti,

buon divertimento!

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Economia

La fortuna aiuta gli audaci… forse. Ma di certo impoverisce gli sciocchi!

Oggi mi è capitato in mano un biglietto della “Lotteria Italia”: è saltato fuori dalla confezione regalo di una bottiglia di prosecco che non avevo ancora aperto. La sorpresa ha stimolato la mia curiosità e così ho fatto quello che chiunque avrebbe fatto al posto mio: ho verificato se quel biglietto era tra quelli estratti!

Mi aspettavo di dover inserire il numero di serie in qualche form online, invece la lista dei tagliandi estratti è stata diffusa in due facciate di un documento pdf. Lo apro e ci trovo dei dati molto interessanti. No, non ho vinto nulla, naturalmente, ma vedo che dei tagliandi viene indicato il luogo di vendita, così che ognuno possa pensare che la fortuna gli è passata vicino e che la prossima volta non deve farsela scappare…  Apprendo che la Lotteria Italia 2010 ha distribuito premi per 13’950’000€ ai 67 biglietti vincenti e 40’700€ e ai rivenditori di biglietti vincenti, mentre l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha raccolto 47’869’900€ vendendo 9’573’980 biglietti.

Anche aggiungendo alle spese la campagna pubblicitaria e le commissioni alla struttura di vendita direi che organizzare una lotteria è un discreto affare! La raccolta del denaro avviene prima dell’erogazione dei premi e la spesa per i premi è appena il 30% degli incassi, quindi il margine (ancora molto lordo) è del 70%. Posso organizzarne una anch’io?? 😛

67 biglietti vincenti su nove milioni e mezzo: circa 7 possibilità su un milione, una su 143’000.
Dovrebbe essere sufficiente per abbattere le speranze, ma evidentemente non è così. L’uomo non è razionale e l’italiano men che meno. D’altra parte se faccio un rapido esame di coscienza anche se non ho mai comprato un tagliando della Lotteria Italia mi capita un paio di volte l’anno di gettare un euro compilando due colonne del Superenalotto, gioco in cui le probabilità sono ancora meno favorevoli al giocatore. Scelgo numeri simpatici, come quelli che formano un esagono sulla scheda oppure tutti “tondi” o multipli di 11 o a caso, tanto la probabilità di vincere non cambia e per 24-48 ore posso pensare a come spenderei qualche milione di euro: un pensiero giustificato perché… beh, potrebbe sempre capitare! 😀
L’opinione di un matematico sul superenalotto

Sembra però che più d’uno in Italia passi tutto l’anno a sognare la vincita, milionaria o anche meno, e che arricchisca lo Stato ed i gestori dei videopoker in misura notevole: pare che le giocate siano dell’ordine dei 20 miliardi di euro l’anno! Circa un euro al giorno a testa, neonati compresi… 😮 Sui soli “gratta e vinci” gli incassi dello Stato sono sui 9 miliardi di euro l’anno. Secondo voi quale parte della popolazione spende di più per comprare sogni?

Le religioni condannano i giochi d’azzardo, ad esempio si può leggere qui cosa ne pensano i cristiani e nella Costituzione all’articolo 41 quel che ne pensavano i padri fondatori: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale…” però quasi in ogni bar si trovano i videopoker con cui dei poveri di spirito diventano anche poveri materialmente… e lo Stato è partecipe del guadagno. 🙁

Bruno De Finetti molti anni fa definì il Lotto una “tassa sulla stupidità”. Da allora i passi avanti sono stati tanti, sia da parte dello Stato con tasse-lotterie sempre nuove, sia da parte degli entusiasti contribuenti.

Possiamo sperare in qualche miglioramento? O è come sperare di vincere al lotto?